25 APRILE, GIORNATA MONDIALE DELLA MALARIA
Focus del Presidente
La Giornata Mondiale della Malaria è un'occasione per implementare tutte le strategie possibili per eradicare la malattia. E’ necessario prevedere investimenti continui e un impegno politico sostenuto per la prevenzione e il controllo della malaria. La giornata è stata istituita dagli Stati membri dell'O.M.S. durante l'Assemblea mondiale della sanità del 2007.
La malaria è la regina delle malattie tropicali. Dal punto di vista medico, per la sua gravità, rappresenta una vera emergenza infettivologica. Dal punto di vista epidemiologico causa almeno 240 milioni di casi nel mondo, con circa 600.000 morti, in prevalenza bambini africani di età inferiore a 5 anni. Come tale rappresenta una malattia di interesse globale ed è stata inclusa, insieme a HIV/AIDS e Tubercolosi fra le malattie prioritarie nella lotta alle pandemie del Global Fund (GFATM) alla cui costituzione sin dal 2001 l’Italia ha partecipato con un ruolo di rilievo.
Circa la metà della popolazione mondiale è a rischio malarico. L’area di diffusione della malaria è estesa a tutte le zone tropicali di tutti i continenti ma la regione di massima prevalenza è l’Africa che assomma circa il 90% dei casi mondiali e dei decessi. All’interno di queste aree geografiche distinguiamo zone a varia intensità di trasmissione: ipoendemica (prevalenza <10%), mesoendemica (prevalenza 11-50%), iperendemica (prevalenza 51-75%) e oloendemica (prevalenza >75%).
Nelle aree oloendemiche e iperendemiche il rischio di trasmissione è stabile, intensa e costante tutto l’anno e la malattia interessa essenzialmente i bambini (tre quarti dei decessi interessano i bambini sotto i 5 anni) in quanto a partire dall’adolescenza si è instaurata nella popolazione una semi-immunità protettiva. Nelle aree ipoendemiche al contrario il rischio di trasmissione è instabile, bassa e incostante per cui non viene acquisita un’immunità di popolazione e l’infezione sintomatica può essere acquisita ad ogni età. Anche la malaria può essere considerata una “malattia dei poveri”, di popolazioni che vivono in aree in cui la povertà delle infrastrutture non consente una adeguata protezione.
La malaria è causata da protozoi (microrganismi unicellulari) del genere Plasmodium. Le specie patogene per l’uomo sono 5: P.falciparum, P.vivax, P.ovale e P.malariae, che riconoscono nell’uomo l’unico ospite. A queste specie si è aggiunta P.knowlesi, che infetta usualmente le scimmie delle aree forestali del Sud-Est Asiatico e si considera pertanto a trasmissione zoonotica. L’infezione malarica è mediata da un vettore (vector-borne infection), la zanzara Anopheles, genere che annovera numerose specie variamente presenti in differenti contesti.
La trasmissione dell’infezione, ad opera di femmine gravide di anofele, presuppone il completamento di un complesso ciclo replicativo che si svolge parte nell’ospite uomo (ciclo asessuato schizogonico, a sua volta includente una fase epatica pre-eritrocitaria e una fase intra-eritrocitaria) e in parte nell’intestino, nella cavità celomatica e nelle ghiandole salivari della zanzara.
La diffusione di varie specie di Anopheles e di Plasmodium dipende da diversi fattori, principalmente la temperatura, l’umidità e l’altitudine. Questi fattori ne condizionano la sopravvivenza e la possibilità di completamento del ciclo replicativo.
Ancora fino alla prima metà del XX secolo la malaria era presente anche in vaste aree temperate dell’Europa, dell’America e del Medio Oriente. Le campagne di eradicazione avviate con successo in queste zone hanno confinato la malaria nelle aree tropicali, con livelli di prevalenza molto variabili, massimi come si è detto in Africa, in funzione della diffusione dei vettori e dei livelli di trasmissibilità.
Al di fuori delle aree endemiche attualmente si è sviluppato il rischio di malaria di importazione. Questa può essere contratta da viaggiatori internazionali nelle aree endemiche, ovvero provocata dal trasporto di vettori infetti (con i voli aerei, nei bagagli).
Altra possibilità di trasmissione può verificarsi direttamente dal sangue infetto di malati (tramite punture accidentali) o donatori (mediante trasfusione o trapianti d’organo).
Esiste anche, ma eccezionale, la possibilità di casi sporadici di malaria autoctona nelle zone “malaria-free” data la presenza nella stessa area di vettori competenti (A.albopictus, A.atroparvus, A.labranchiae etc.) e di ospiti parassitemici (es. comunità di migranti).
L’Italia non registra praticamente più trasmissione autoctona dagli anni ’50. Dall’O.M.S. è stata ufficialmente dichiarata “malaria free” nel 1970 e considerata zona di elevata “recettività” per la presenza di vettori competenti, di accertata “sensibilità” quanto meno nei confronti di P.vivax, di bassa “vulnerabilità” per la ridotta presenza di portatori di gametociti e, in conclusione, con potenziale malariogenico molto basso.
Allo scopo di individuare precocemente la malaria complicata, l’O.M.S. ha individuato 14 criteri clinici-laboratoristici. Di questi il più importante è la presenza di coma, indice di encefalopatia diffusa in assenza di segni di lato, focali o meningei, gravata di una elevata mortalità. Fra gli altri criteri si segnalano l’ittero e l’insufficienza renale nell’adulto e l’ipoglicemia e le convulsioni nei bambini. In tutti i casi decisivo è l’alto livello di parassitemia (>10% per P.falciparum).
Individuare precocemente i segni e sintomi di malaria complicata è essenziale allo scopo di instaurare tempestivamente il corretto trattamento.
Per il trattamento della malaria dobbiamo distinguere fra malaria non complicata e malaria complicata.
Nel caso di malaria non complicata distinguiamo ancora in primo luogo le forme sostenute da P.falciparum o in cui comunque non sia escludibile la presenza di P.falciparum. In questi casi l’O.M.S. raccomanda come prima scelta l’utilizzo di combinazione di farmaci derivati dall’artemisinina (a emivita breve) e primachina (a lunga emivita) in unica somministrazione orale giornaliera per 3 giorni consecutivi. Solo per le donne in gravidanza, non essendo ufficialmente approvata tale combinazione, resta in prima linea l’indicazione del chinino orale, malgrado sia gravato da possibili effetti collaterali e pertanto richieda un attento monitoraggio. Nel caso invece di malaria sostenuta da altre specie non falciparum, in cui non è documentata clorochina-resistenza, resta l’indicazione della clorochina in somministrazione orale per 3 giorni, previo controllo del deficit di G6PD. Nelle infezioni da P.vivax o P.ovale la clorochina viene associata a primachina, per prevenire le recidive di “ipnozoiti” epatici. La primachina è controindicata nella donna gravida o che allatta.
In presenza di segni e/o sintomi di sospetta malaria complicata, il trattamento va iniziato tempestivamente e attualmente si avvale in prima linea di artesunato, somministrato in 3 dosi il primo giorno ai tempi 0, 12 e 24 ore e quindi in singola dose giornaliera fino al 7° giorno. La terapia è gravata da possibili eventi tossici collaterali. Quando si ottenga evidente miglioramento clinico e microbiologico, è pertanto possibile passare a trattamento orale con combinazioni a base di artemisina. La terapia con artesunato si è rivelata più efficace di quella classica con chinino, tuttora considerata di prima scelta quando non si disponga di artesunato, farmaco di produzione cinese che non ha ottenuto la registrazione ufficiale da parte di FDA e di EMA.
Oggi esiste un vaccino anti-malaria. Il vaccino RTS, S a proteine ricombinanti è stato registrato nel 2015 dall’EMA, prodotto da Glaxo Smith Kline (GSK) e denominato Mosquirix. E’ stato raccomandato dall’O.M.S. nel 2021 con l’indicazione per i bambini che vivono in zone dell’Africa a moderata-elevata trasmissione malarica.
Il vaccino si è dimostrato sicuro e agevolmente gestibile sia sotto il profilo logistico che della prescrizione. La sua efficacia è risultata di oltre il 50% nel prevenire la malaria grave da P.falciparum nel primo anno dopo la somministrazione. Può sembrare poco ma non se consideriamo che ogni anno si stimano oltre 500.000 casi di malaria in Africa, di cui oltre l’80% in bambini, per cui si è calcolato che con tali livelli di efficacia si possono evitare 23.000 morti infantili ogni anno.
Attualmente è in sperimentazione un altro vaccino bioingegnerizzato, in sigla R21/Matrix.M, per il quale i dati preliminari attestano una efficacia di oltre il 75%.
L’eventualità di contrarre la malaria va sempre tenuta presente con il massimo rigore. Pertanto è necessario valutare attentamente il rischio del viaggio e il rischio individuale. Per il rischio del viaggio deve essere preso in considerazione la destinazione, la stagione, l’itinerario, lo stile del viaggio e in particolare il tipo di sistemazione alberghiera. Sul sito dell’O.M.S. e dei CDC per ogni paese è riportata la presenza delle specie di plasmodio e le situazioni di farmaco-resistenza di P.falciparum. Per il rischio individuale va considerata l’età, la presenza di co-morbidità e, nel caso delle donne, la gravidanza e l’allattamento.
Fatte queste valutazioni la profilassi può essere attuata mediante:
1. misura anti-zanzare, evitando l’esposizione nelle ore a maggior rischio (dal tramonto all’alba), utilizzando repellenti contenenti DEET, indossando vestiti chiari e coprenti e soprattutto verificando l’esistenza di zanzariere impregnate di insetticida (quando non si disponga di aria condizionata);
2. chemioprofilassi, attualmente essenzialmente basata sull’impiego della combinazione atovaquone-proguanil da assumere quotidianamente dal giorno prima della partenza a una settimana dopo il ritorno. Alternativa è la clorochina, valida solo nelle aree in cui P.falciparum è tuttora clorochino-sensibile, da assumere una settimana prima della partenza e fino a 4 settimane dopo il rientro. Nessuno dei farmaci agisce sugli “ipnozoiti” epatici e pertanto nessuno può prevenire le recidive. Se la destinazione è in aree ipoepidemiche si può evitare la chemioprofilassi, al contrario se in aree iperendemiche questa è raccomandata anche per brevi soggiorni. Una precauzione ulteriore può essere affidata all’auto-trattamento di emergenza (stand by treatment) nelle destinazioni ipo-meso endemiche, ma la raccomandazione in questi casi è di farsi valutare da un medico al ritorno nel più breve tempo possibile.
L’obiettivo per un mondo senza malaria, indicato anche fra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’O.M.S., è certamente remoto. Mi sentirei di dire irrealistico, considerando che negli ultimi anni gli indici della malaria si sono addirittura aggravati, sia nella stima dei casi che nella mortalità. Questi obiettivi, che l’O.M.S. fissa per le malattie di importanza globale, sono tuttavia utili poiché indicano quali sono i traguardi auspicabili da perseguire. E in alcuni casi, in cui il traguardo appariva parimenti irraggiungibile, sono stati raggiunti. Basti citare il caso dell’epatite C, oggi ragionevolmente eliminabile con le nuove terapie e il caso dell’HIV/AIDS in cui il traguardo ha potuto essere progressivamente spostato in avanti: dal semplice fornire farmaci ai malati all’assicurare non solo buona sopravvivenza ma in condizioni di buona qualità di vita.
Di fronte alla gravità medica e di sanità pubblica che questa malattia rappresenta, è necessario implementare tutte le strategie per ottenere l’eliminazione dalle aree a bassa trasmissione (ipoendemiche) e ridurne l’impatto nelle aree a alta trasmissione (iperendemiche). Il che comporta la necessità di investimenti a supporto dell’innovazione nei campi del controllo dei vettori nonché della ricerca di nuovi farmaci e della messa a punto di nuovi metodi di diagnosi.
La giornata mondiale della malaria del 25 aprile, istituita dall’Assemblea mondiale dell’O.M.S. del 2007, ha lo scopo di risvegliare l’attenzione al problema da parte sia delle istituzioni e degli enti donatori sia di ricercatori e operatori di terreno. E ve ne è urgente necessità, poiché tale interesse recentemente si è affievolito.
Il motto è “la malaria zero inizia con me”.
Giampiero Carosi
https://www.who.int/campaigns/world-malaria-day/2022
https://www.salute.gov.it/